domenica 13 gennaio 2013

parlare cambia il corso delle cose? i fatti ne vengono stravolti o parlare è solo un modo per mettere nero su bianco ciò che già si stava vivendo?
se la sostanza non cambia, tanto vale dirsela.
ma se invece cambia...se parlare si contrappone al sentire, quanto poi li sentire viene influenzato dall'ufficialità delle cose?

dare un nome a sensazioni e sentimenti equivale a capirli meglio o, al contrario, li fa diventare più strutturati, quadrati, immobili e definiti?
forse è come mettere la carta da pacco, scotchare tutto per bene, far passare attorno lo spago e mettere un'etichetta, tanto per essere sicuri di cosa c'è dentro.
e se il sentimento diventa un pacco come può essere possibile poi farlo scorrere fluidamente nelle vene, nella carne, passando per cuore e cervello?

a volte la ricerca di chiarezza non fa altro che confondere. perché forse non si può tracciare una riga di delimitazione intorno all'aria che stiamo respirando. e forse davvero non serve, se quell'aria è ricca di ossigeno.

abituati a tante parole, pensieri e definizioni, abbiamo davvero perso la capacità di sentire?
e abbiamo insieme perso anche la capacità di attribuire valore alle emozioni, a ciò che ci muove dentro, affidando le nostre certezze a un pugno di lettere e consonanti affiancate convenzionalmente una accanto all'altra?
come se le parole, poi, non ci avessero mai tradito. e invece basterebbe guardarsi indietro, anche di un passo, per vedere quante volte quello che abbiamo detto non corrispondeva totalmente al nostro sentire.

forse non farsi domande non è una fuga dalla realtà, ma solo un modo più istintivo di viversela.






sabato 5 gennaio 2013

comportarsi come bambini è una facile fuga dalla realtà. come loro costruiamo casette sugli alberi, fingiamo di essere principesse, maghe o cantanti. scegliamo gli attori del nostro piccolo teatrino ed eliminiamo gli elementi indesiderati. giochiamo, ci divertiamo e quando ne abbiamo abbastanza possiamo smettere.

la vita vera non è così, ci impone ogni giorno ruoli che spesso non ci appartengono e regole a cui non vogliamo obbedire. tutto ruota intorno a convenzioni, promesse fatte, scelte che durano più della nostra convinzione in esse.

noi cambiamo, ma il nostro mondo intorno avanza regolare e pesante come un elefante. e se non si ha la forza di modificare quello che ci va stretto, si sceglie di tornare bambini per un po' e si fanno cose immature e sbagliate.

e così, in questo gioco, a volte, qualcuno si fa male, perché non tutti sono attori consapevoli.

giocare fa bene solo quando tutti scelgono di essere in gioco.

è proprio vero che siamo tutti alla ricerca dell'equilibrio? non è forse più vero che dopo tanto barcollare, una volta raggiunta una posizione comoda, stabile e apparentemente duratura, si spera quasi subito in un filo di vento che ci faccia nuovamente oscillare?